Sul treno che mi riporta a Milano, uno degli snodi imprevisti della mia vita, raccolgo i pensieri caldi di due settimane d’emozioni, relazioni e incontri.
È cominciata per istinto: Norma e Giovanni li ho conosciuti a Genova, davanti a cumuli di pesto, e mi sono sentita ancora una volta fortunata di percepire una sensibilità affine. Quando mi hanno invitata ad AmbriaJazz sapevo di non poterci essere, eppure l’idea mi è rimasta in circolo finchè non ho deciso di lasciare tutto – lavoro, casa e vita vecchia – sei mesi dopo per partire. E a quel punto volevo la Valtellina fra le tappe del mio viaggio.
Io non so niente di Jazz, ma amo la musica – quella buona – e l’ho sempre sentita più col corpo che con la mente. Questo mi ha mossa. Questo e una qualche inconscia fiducia nelle persone, che ogni tanto mi attraversa e che benedico perchè continua a salvarmi giorno dopo giorno.
Ed ho trovato musica a cui non potevo credere, fatta di vibrazioni reali che non toccano solo la punta delle orecchie. Mi sono sentita un serpente, con la pancia come un diapason in continua sollecitazione, ogni singola volta che qualcuno imbracciava un strumento e si dava in pasto al pubblico o provava al piano di sopra. So che ho ringraziato tutti, ma non credo che ci siano sufficienti parole o silenzi per ringraziare davvero per quello che ho vinto e perso ogni singola sera. Mi è passata attraverso l’anima del mondo, mica canzonette, e credo che qualche brandello mi sia rimasto attaccato addosso.
E ho trovato persone a cui non potevo credere. Tutti, tutti voi, con cui ho parlato, sudato, montato e smontato, tutti avete una scintilla di pura bellezza dentro. Negli sguardi, nelle erbe magiche del giardino o nelle prugne selvatiche di Francesca, nei saluti bisbigliati fra una foto e l’altra, nei sorrisi da una parte all’altra della chiesa, nelle chiacchiere dense e in quelle rarefatte, nell’acqua vecchia di anni, nei racconti delle frane, nei Beitei, nel cibo pieno d’amore e di burro, nelle corse. In quel momento di estrema verità che – vi giuro – ho visto almeno una volta in ognuno di voi.
Se me ne vado dalla Valtellina con così tanto dentro, lo devo a tutti quelli che hanno deciso di parlare con me anche solo per un minuto. A tutti i musicisti, a tutti i volontari, a tutti i valtellinesi che ho toccato. Torno rotta e ricostruita, ed è questa l’essenza del mio viaggiare.
É l’enorme regalo di AmbriaJazz.